25 Gennaio 2014

La privatizzazione di Poste e la svendita di Bankitalia

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I programmi di questo Governo delle larghe intese sono chiari: svendita del patrimonio pubblico per ripianare e risanare il debito “con l’obiettivo di raccogliere quattro miliardi entro il 2014” aggiunge il Ministro Saccomanni.
L’obiettivo è in realtà è molto più ambizioso. ll piano privatizzazioni del governo Letta parte ufficialmente oggi sabato 25 gennaio, poiché nel Consiglio dei Ministri è stato discusso il progetto di privatizzare entro quattro mesi il 40% di Poste Italiane, poi sarà il turno di Eni (per un 3%) ed infine anche Enav alla quale dovrebbe toccare la privatizzazione totale. Lo scopo delle privatizzazioni volute dal governo è quello di raccogliere circa 12 miliardi di euro per fare cassa e arginare almeno in parte i 2mila miliardi di debito pubblico.

Mai sciocchezza più grande è stata detta!
Primo perché le privatizzazioni sono completamente inefficaci contro la speculazione finanziaria internazionale sul debito sovrano e che il debito pubblico in realtà, è un falso mito.
Secondo perché le privatizzazioni non si sono mai rivelate una buona idea se pensate per mettere a posto i soldi pubblici, soprattutto se vengo vendute le stesse aziende che riescono a far entrare nelle casse dello stato Italiano considerevoli utili. «Ogni volta che si è proceduto in questa maniera, lo stock di debito non è stato sensibilmente intaccato», ricorda Alberto Bagnai, professore di Politica Economica all’Università Gabriele d’Annunzio.
Terzo perché chi comprerebbe queste quote? Anche aziende, o peggio, banche estere! In pratica, stiamo rischiando di svendere completamente ulteriormente la nostra sovranità all’estero!

Come del resto abbiamo già fatto con Bankitalia. Il decreto, la cui la fiducia è stata votata ieri nonostante le nostre proteste, ridisegna l’azionariato della Banca d’Italia: invece di ripubblicizzarla, come prevede una legge del 2005, l’esecutivo rivaluta le quote in mano alle banche private (ma erano pubbliche fino agli anni Ottanta) da 150 mila euro a sette miliardi e mezzo e dà il via ad una operazione che finirà per regalare oltre quattro miliardi ad alcuni istituti di credito (Intesa ed Unicredit su tutti). [cit. articolo de “Il fatto Quotidiano].

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