2 Aprile 2015

IN BASILICATA I PARTITI DISCUTONO DEL REDDITO PLURIMO DI CLIENTELA

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clientelismo

La Regione ha in discussione, in Commissione, tre proposte di reddito minimo di cittadinanza non del Movimento 5 Stelle, gruppo politico che ha il merito di aver sollevato la questione con la sua proposta di legge nazionale. La norma è presente in quasi tutta Europa, meno che nelle nazioni, come l’Italia, dove la politica si regge essenzialmente sul ricatto occupazionale esercitato come voto di scambio.

Una di queste tre proposte è di iniziativa popolare e si vede. Rispetto alle altre due, di matrice politica, è ottimamente strutturata. Con qualche specifico emendamento grillino, potrebbe essere anche accettata dal M5S. Ha un importo di spesa di 300 milioni di euro per il primo anno e di 500 milioni per gli anni successivi, con indicazioni di copertura finanziaria, però, “interamente” pescata dalle royalties che evidentemente pensano di quintuplicare. Sono gli effetti della disinformazione di regime: a furia di parlare del più grande giacimento di petrolio in terraferma e di “oro nero”, la gente finisce per credere che con le royalties si può tutto, persino moltiplicarle come i pani e i pesci.

È tempo di capire che solo la corretta gestione dei bilanci pubblici può far trovare risorse utili alla crescita e alla democrazia del Paese, men che meno quelle reperibili da un bene variabile, soggetto a parametri internazionali e incontrollabili, come le royalties. Tra l’altro, come afferma l’Aspo, l’associazione che valuta il picco di petrolio, la “ricchezza” lucana è una risorsa anche molto limitata nel tempo, inadeguata, dunque, a fornire coperture per leggi come il reddito minimo di cittadinanza.

Le altre due proposte sono di consiglieri regionali, e anche qui si vede: sono lastricate di buone intenzioni propagandistiche. Una è dell’ex Sel, Giannino Romaniello, che in 11 articoli si mantiene generico sulle coperture occorrenti: il 30% ovviamente dalle royalties, il resto tra indefinite maggiori entrate regionali e altrettanto indefiniti finanziamenti europei. L’altra è di Paolo Galante (Ri) e Francesco Pietrantuono (Psi): in 17 capitoli ha due sole cose certe, le categorie sociali che devono percepire il reddito, affinché si alimentino speranze, e il calcolo di circa 40 milioni di euro di copertura, piazzato così, a naso. Coperture da ricavare dall’esercizio finanziario di quest’anno (la Regione, però, non ha occhi per piangere) e dai Fesr, i fondi europei. I fondi Fesr sono come le royalties: il miraggio sbandierato dai politici dei vecchi partiti per alimentare false speranze di crescita, di occupazione e ora di reddito sociale.

Mentre a Roma, strumentalmente, al fine di ostacolare la nostra attività politica, fanno le pulci alle solide coperture finanziarie che reperiamo e destiniamo alle nostre proposte di legge, nelle periferie politiche si usano invece mani un po’ troppo leggere. Non certo per incapacità: Romaniello, Galante e Pietrantuono sanno bene dove andare a trovare le coperture, solo che non gli conviene perché metterebbero a rischio il sistema clientelare dei partiti col quale sopravvivono essi stessi.

Dovrebbero rivedere le consulenze,i doppi incarichi, le pensioni d’oro, i commissariamenti degli enti, la proliferazione di enti inutili, il ripianamento allegro dei debiti privati attraverso la tecnica della compartecipazione pubblico/privata. Dovrebbero realizzare un piano di autonomia energetica e termica di strade ed edifici pubblici e dovrebbero ridurre i costi della sanità lucana. Quest’ultima, ci costa un miliardo e cento milioni di euro di esternalizzazioni, di consulenze varie e di clientela.

Vito Petrocelli e Mirella Liuzzi – parlamentari M5S