11 Gennaio 2014

Teknosolar: la centrale che non sarebbe piaciuta alla moglie di Cesare

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La centrale termodinamica che la Teknosolar Italia vuol realizzare a Banzi, in Basilicata, non va fatta. È una centrale a gas di 15 mw di potenza (sarebbe la quarta nuova centrale a metano ipotizzata in Basilicata, per un totale di 1235 mw), con l’aggiunta di 8640 specchi parabolici che integreranno la produzione fossile con l’energia rinnovabile da termodinamico solare, per altre 50 mw di potenza. Occuperà circa 225 ettari di terreno agricolo e consumerà 16 litri al secondo di acqua pubblica, per un totale di circa 500 mila metri cubi all’anno.

La centrale della Teknosolar, multinazionale ispano/lucana (ha sede legale a Matera, ma è di proprietà di un miliardario spagnolo), produrrà energia in Basilicata e la trasporterà altrove con i tralicci, per una classica gestione verticistica, utilitaristica e lucrosa dell’energia elettrica.

È il solito affare per pochi e inquinamento per molti, attorno al quale è già partita la propaganda dell’inganno dell’occupazione. Miraggio che va subito sfatato in quanto queste mega strutture, che si nutrono di investimenti mega galattici e di complicità politiche nazionali e locali, partoriscono livelli occupazionali da piccola azienda, in genere non superiore alle poche decine di unità. Con la certezza, come accade per il Cova di Viggiano e per le concessioni minerarie, che ai locali vanno solo ruoli da netturbini e guardiani della struttura, sottopagati nonostante l’esposizione ai rischi di maggior contatto inquinante, mentre i posti più ambiti, più sicuri e più remunerati, vanno a tecnici specializzati. In genere nemmeno italiani.

Quello occupazionale non è il solo miraggio propagandistico di questa storia tipicamente italiana: gli specchi parabolici abbinati a questa centrale a gas hanno la funzione di dare uno status di eco-sostenibilità all’impianto, mentre nella realtà è speculazione energetica e affaristica e non certo green economy.

L’energia è realmente rinnovabile non solo quando è prodotta con le forze della natura, ma anche quando è totalmente free-fossile, quando produce ricchezza reale, quando è distribuita in una rete di contatti locali e, soprattutto, quando rende imprese e persone energeticamente autosufficienti. Mentre questi mega-impianti energetici trattano l’energia come un qualsiasi altro bene commerciale,sfruttando però un regime di cartello, strafregandosene degli impatti ambientali, del valore sociale dell’energia e della sudditanza energetica che impongo, anche tramite leggi ad hoc e complicità amministrative, ai territori, agli enti, alle strutture e alle famiglie.

Al solito, registriamo i ritardi dei politici del “partito unico” lucano, ri-eletti nonostante abbiano penalmente abusato del bene pubblico chiamati ad amministrare, e registriamo dubbi per connivenze strane, vista la tempestiva e sospetta revoca dei 69 milioni di euro del Cipe proprio per lo schema idrico dell’area dell’Alto Bradano, la zona della centrale ispano/materana.

Affare energetico che non è ancora partito, ma che ha già un conflitto di interesse megagalattico quanto la centrale: l’amministratore della sede italiana della Teknosolar è il coniuge del capo della Procura della Città dei Sassi, Celestina Gravina. Si chiama Giovanni Fragasso ed è evidente che nulla sa della vita della moglie di Cesare.

Vito Petrocelli e Mirella Liuzzi
Portavoce del M5S al Senato e alla Camera della Repubblica
Roma

2 Comments

  1. luigi 12 Gennaio 2014 at 9:53

    Riscaldarsi al sole è l’unica modalità rinnovabile. Non lo sapevate?

  2. Il solare termodinamico, molto spesso affiancato con centrali termoelettriche a gas metano come previsto nella Regione Basilicata, rappresenterebbe in Italia, con molta probabilità di non sbagliare, una pura speculazione. Non risolve il problema energetico, ma devasta interi territori. L’Italia non è l’Arabia Saudita, non presenta aree desertiche quali uniche possibili aree che consentono una razionale collocazione di tali impianti nel rispetto dell’Ambiente, del Paesaggio, del Suolo con un idoneo valore di irraggiamento solare diretto (DNI). Per la Basilicata è previsto un impianto della potenza elettrica di 50 MW con l’occupazione di oltre 226 ettari (2.260.000 metri quadri) di terreni fertili ed irrigui. L’ara di impronta dell’impianto occuperebbe ben 15 pozzi artesiani dei 19 previsti nell’area circostante.

    Pensare all’Italia per acquisire competenze sul “solare termodinamico” ed esportarle nei paesi arabici, come sostiene l’ANEST, non rappresenterebbe un modo sensato di affrontare il problema energetico. Sembra invece un modo attento e preciso per fare affari a discapito di interi territori con tecnologie devastanti per un’area agricola. Impianti chiamati “solari termodinamici” pur non essendo “termodinamici puri” poiché ricorrono anche alla combustione di ingenti quantità di gas metano (con emissioni in atmosfera di inquinanti) per assicurarne un funzionamento in continuità e sicurezza.
    L’aggravante, nella Regione Basilicata, è rappresentato dall’uso di decine di migliaia di metri cubi di olio diatermico ad altissimo impatto ambientale con potenziali rischi in caso di sversamenti al Suolo e non solo. L’ impianto, nella regione Basilicata, è soggetto alle Direttive Seveso per essere classificata con attività a rischio in incidente rilevante, ma ovviamente c’è chi sostiene che l’attività industriale è sicura. Peccato però che non si conoscono attività industriali immune da possibili guasti ed avarie nel processo industriale con conseguenze tutt’altro che rassicuranti.

    Un impianto solare a tecnologia fotovoltaica trasforma energia solare in energia elettrica in modo pulito, mentre un impianto solare a tecnologia termodinamica che ricorre all’uso degli olii diatermici e alla combustione ausiliaria di gas metano, trasforma energia solare in energia termica e quindi in energia elettrica in modo tutt’altro che interamente pulito. Presenta infatti emissioni in atmosfera di benzene, fenolo, ossidi di azoto …. E’ pulito tutto ciò? Non mi pare.

    Gli impianti interamente rinnovabili sono un’altra cosa e il modo per affrontare il problema energetico (risparmio di energia, efficienza energetica, impianti alimentati da fonte rinnovabile prevalentemente concepiti per l’autoconsumo) viaggia su un binario differente da quello delineato dagli impianti “solari termodinamici” che farebbero meglio a definirli, quando ibridi come per la regione Basilicata, con la dizione di centrali termoelettriche ibride alimentate da fonte rinnovabile solare e da fonte fossile (quindi non rinnovabile) qual è il GAS metano.

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